Le pareti di ghiaccio non sono ghiacciai

Cinque ricercatori del Servizio Glaciologico Lombardo, oltre 30 anni or sono, ebbero l’idea di studiare la dinamica di accumulo e ablazione delle pareti di ghiaccio alpine, in quanto apparve loro evidente che queste denotavano un andamento e variazioni diversi da quello dei ghiacciai sottostanti.

Tali osservazioni, iniziate da Antonio Galluccio e Fabrizio Righetti nel 1991, erano suffragate anche dall’attività alpinistica, dalla pratica di questi ripidi terreni.

Poi venne la constatazione di un fenomeno curioso del passato: durante la Prima Guerra Mondiale vennero scavate numerose gallerie nel ghiaccio, soprattutto nel settore Ortles-Cevedale, sull’Adamello e in Marmolada. Dalla vasta letteratura consultata, emerse il fatto che mentre le gallerie ricavate nel corpo dei ghiacciai dovevano essere rifatte ogni due mesi circa, i cunicoli scavati nei pendii rimasero intatti per molti anni dopo la fine delle ostilità.
Cioè a dire: i ghiacciai si muovono, le pareti di ghiaccio sono ferme.

I seguenti tre articoli ripercorrono la storia di questa ricerca che, mettendo in opera misure dirette sulla Parete Nord del Monte Pasquale (Valfurva, Italia), oggi scomparsa, dimostrò che le pareti di ghiaccio, almeno nei settori montuosi caratterizzati dalla presenza di “ghiacciai temperati”, sono cosa diversa dal ghiacciaio, sono individui geologici dotati di una peculiare dinamica di accumulo-ablazione, confermando tutte le ipotesi espresse nel primo contributo (1994).

La raccolta dei dati fu possibile grazie al metodo di misura, semplice ma geniale, messo a punto da Giuseppe Cola, con la collaborazione di Valerio Paneri e di Alessandro Galluccio.
Pur con i limiti geografici prima detti, con ogni probabilità trattasi delle prime osservazioni del fenomeno pubblicate nella letteratura specifica internazionale.


Leggi gli articoli pubblicati negli anni passati.

Pareti di ghiaccio 1994
Pareti di ghiaccio 1996
Pareti di ghiaccio 1997

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